Il risveglio questa mattina è stato stranissimo. È ormai da dieci giorni che l’unica persona che vedo quando apro gli occhi è Paolino. Oggi invece la prima persona è stata Sergio, che riempiva lo zaino e indaffarato a chiudere la brandina sulla quale ha dormito questa notte.
Il suo sorriso, quello di chi sa che è l’ultimo giorno che cammina, mi ha messo felicità e un velo di tristezza allo stesso tempo. Siamo partiti verso il centro del paese alla ricerca di un bar per fare colazione, visto che nei dintorni dell’accoglienza non c’è praticamente nulla.
Una volta trovato il posto, abbiamo parlato della bella serata di ieri al ristorante, dove abbiamo ricevuto consigli per il proseguo del cammino e mangiato egregiamente. Quando siamo partiti per davvero, sono bastati pochi km che ci siamo dovuti separare, Sergio ha preferito continuare sulla statale, mentre io e Paolino abbiamo continuato per le vie secondarie. Oggi Sergio arriva Melizzano il paese di origine della moglie, per questo motivo ha preferito seguire un tracciato più brutto, ma sicuramente più corto. Il nostro percorso invece piano piano ha iniziato a salire, diventando sempre più faticoso. Come sempre, come ormai mi capita con tutti, sono avanzato di un po’. Paolino invece è rimasto indietro. Ieri mi ha espresso che non vuole essere sempre aspettato, e nemmeno che io vada suo passo, in quanto farei solo più fatica, e poi preferisce passare dei momenti da solo. All’inizio non ho capito subito, ma poi mi sono ricordato di come abbiamo camminato in Giappone. Così sono arrivato nella piccola piazza di Totari e ho preso un caffè in un bar. Nel frattempo Paolino mi ha raggiunto, poi abbiamo proseguito insieme verso il santuario della Madonna del Bagno, dove abbiamo fatto la nostra prima e vera pausa. Qui ho sentito Ilaria. Mentre le parlavo intorno a me la campagna dell’appennino campano ha iniziato a mostrarmi finalmente i suoi colori.
I giorni scorsi il cielo grigio non le rendeva giustizia, offuscandoli tutti. Dopo poco ci siamo separati nuovamente, per incontrarci nuovamente poco dopo il torrente Titerno. A questo punto, controllando sui navigatori, abbiamo optato di saltare San Salvatore Telesino e fare la statale fino a Telese Terme, un po’ perchè la strada era più corta, un po’ perchè il cielo ha iniziato ad ingrigirsi nuovamente e la possibilità di prendere la pioggia si è fatta più che reale. Di certo non abbiamo scelto una bella strada, ma sicuramente ci ha permesso di arrivare prima a Telese Terme.
Appena entrati in paese ci siamo rifugiati sotto il portico della chiesa della parrocchia di S. Stefano. Un po’ preoccupati perchè la guida prevede come paese in cui passare la notte quello di Solopaca, abbiamo iniziato a guardarci intorno per capire se avessimo potuto trovare qualcosa qui. La guida non dà consigli, su internet si trovano solo bed&breakfast o piccoli alberghetti molto costosi per le nostre tasche, poi per sbaglio, noto che sula bacheca della chiesa c’è indicato il numero del prete della parrocchia. Don Gerardo. Al contrario delle attese, ci apre la porta e, molto dispiaciuto per la modestia di ciò che ci poteva offrire, ci sistema in una piccola stanza della casa parrocchiale. Ci spiega che vorrebbe offrirci molto di più, ma noi siamo abituati, gli diciamo.
Ci racconta che stanno costruendo una nuova chiesa e che nel progetto ha inserito l’idea di una piccola casa per accogliere prprio quelli come noi che a sorpresa bussano alla sua porta. Non si limita a parlare di pellegrini, ma di chiunque abbia bisogno per una notte o due di un riparo. E’ molto gentile, tanto che quando gli chiediamo dove potremmo andare a mangiare, lui ci consiglia una pizzeria, dicendoci che però sarebbe stato lui ad offrire la pizza. Ringraziamo, ma vorremmo pagare noi, lui insiste e dopo poco addrittura ci invita a casa sua, dove la sorella avrebbe cucinato un bel piatto di spaghetti. E’ meraviglioso essere smentiti. Dopo la piccola esperienza con il prete di Mignano Monte Lungo non avevo più grosse speranze nei parroci, invece anche questa volta sono stato smentito e, con l’invito a cena, anche disarmato. La gentilezza insieme con il sorriso di don Gerardo sono state qualcosa di speciale che ha dato alla dura giornata di cammino, un finale inaspettato e molto piacevole. La cena è stato un momento molto particolare. Sua sorella Anna è stata di una dolcezza incredibile e per una sera ci ha fatto da mamma riempiendoci come non capitava da giorni e scherzando con noi davanti alla tv come potrebbe esattamente capitare a casa. Trovare questi attimi di familiarità, scalda il cuore e ci fa capire ancora una volta di più perchè stiamo camminando. I panorami e il gusto di camminare si mischiano a questi incontri ed ecco fatta la Via Francigena del Sud. Semplicità, cortesia, terre rigogliose, il Sud è un piccolo tesoro da scoprire passo dopo passo.
La gratitudine non si può descrivere a parole, ma solo tramite un sincero e caldo abbraccio, che vale più di molte cose scritte o dette.
Sorpreso e sempre più innamorato di questa magnifica Via Francigena
D.