Anche questa mattina siamo partiti con il buio. Per la seconda volta in questa Via Francigena la mia sveglia è suonata per prima, ho toccato dentro le ragazze e, fatta una piccola colazione, siamo partiti con la lampada frontale per la discesa da Radicofani.
Ieri avevamo visto il meteo che prometteva pioggia per il pomeriggio, per questo abbiamo deciso di partire alle 5.30. Camminare con il buio ha sempre il suo fascino, purtroppo il cielo era ricoperto di nubi e non abbiamo avuto modo di vedere le stelle, ma, proprio in senso figurato, il non sapere dove si sta andando, è per me il miglior paragone con la vita che si possa trovare su un pellegrinaggio. La prima parte del percorso si snodava sul vecchio tracciato della Cassia che scende lentamente fino a Ponte a Rigo per ricongiungersi con la nuova, attraversando pascoli e cascine che allevano pecore. Molti cani pastore lungo la strada abbaiavano al nostro arrivo, il loro sguardo sospettoso però non ci ha mai spaventato, si sa, basta non prestare attenzione al gregge e si viene lasciati passare tranquillamente. La Val di Paglia è comunque un posto molto strano, le persone qui vivono isolate, basando tutto su allevamento e agricoltura. I metodi di lavoro, per chi viene da nord come noi, sembrano antiquati, ma conservano tradizione e rispetto per i luoghi. Di sicuro gli allevamenti intensivi e l’agricoltura su vasta scala del nord creano grandi profitti, ma hanno perso lo spirito di chi lavora terra con passione. Mentre scendiamo parliamo poco, ma sorridiamo tanto, il paesaggio intorno dà libertà, c’è un leggero vento, qualche raggio di sole spunta dalle nubi e ci riscalda un pochino, asciugando l’umidità che le piogge di ieri notte hanno lasciato nell’aria. Una volta giunti a Ponte a Rigo ci fermiamo al bar per la solita sosta colazione. Per la prima volta troviamo delle bariste un po’ svogliate, non sorridono e ci fanno quasi sentire un po’ fuori dal mondo, ma molto probabilmente devono essere stanche per cui non ci facciamo troppo caso. Caffè, succhi e un panino con mozzarella e prosciutto anche sono da poco passate le 8.00, ormai quasi tutti i giorni è così, anche se credo di essere dimagrito lo stesso. Nonostante mangi circa cinque volte al giorno, il peso scende, purtroppo non riesco mai ad ingerire le stesse calorie che brucio ogni giorno, le ragazze mi prendono in giro e un pochino si arrabbiano. Ripartiamo e ci aspettano quasi quattro ore di Cassia, ci sarebbe un sentiero che la costeggia, ma è molto infangato, proviamo all’inizio, ma subito le scarpe iniziano a pesare il doppio, così dopo qualche km decidiamo di tornare sull’asfalto. Ovviamente qui ognuno tiene il proprio passo e così ci separiamo per ritrovarci al Vecchio Forno, l’unico bar/ristorante sulla Cassia che possa dare un briciolo di ristoro ai pellegrini in cammino. Purtroppo arriviamo troppo presto e il forno è ancora spento, dico purtroppo perché ricordo che fanno una pizza buonissima e molto economica. Arriva anche Daniela, ma noi stiamo già per ripartire e ci diamo appuntamento al primo bar sulla strada di Acquapendente. Arriviamo in paese che sono circa le 13.00. Visto che l’ostello non aprirà prima delle 14.00, ci fermiamo al bar per mangiare qualcosa ed attendere Daniela come pattuito. Manca poco all’arrivo e più ne parliamo e meno ho voglia di arrivare, anche se la stanchezza fisica dei trentaquattro giorni di cammino inizia a farsi sentire. Dentro di me covo da giorni un’idea, che sarebbe quella di proseguire, una volta salutate le ragazze a Roma, verso sud. Per ora rimane solo un’idea, ma non si sa mai. Quando entriamo all’ostello, magicamente inizia a piovere. Sembra che ci siamo calibrati bene con il tempo e il riparo dell’ostello ci fa evitare un bel temporale. Doccia, timbri sulle credenziali e poi di corsa a visitare la chiesa con la riproduzione del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Quando torniamo arrivano anche Roberto e Emma, un po’ bagnati, ma nemmeno troppo. Mi complimento con loro, soprattutto con Emma, chissà cosa può significare per lei fare un viaggio del genere con i padre. Sicuramente ad 11 anni non è la stessa cosa che scoprire il mondo dei viaggi a piedi superati i 30 come è successo a me. Molti dei pellegrini in cammino solitamente hanno vissuto dei drammi, più o meno grandi, per i quali iniziano a camminare cercando nel cammino una cura da essi. Per lei invece è divertimento e uno splendido periodo con il padre, sicuramente un ricordo indelebile che le lascerà dentro un segno. Ci organizziamo per la cena e usciamo tutti insieme a mangiare una pizza nel centro paese. Fortuna vuole che oggi sia la festa di Acquapendente, così mentre ceniamo la piazza su cui siamo posizionati si riempie all’inverosimile di persone per una tombolata. Quest’anno siamo molto fortunati perché di feste di paese ne abbiamo trovate moltissime, anche se non sapevamo dell’esistenza di nessuna di loro. quando torniamo mi metto a scrivere, ma la stanchezza prende ormai il sopravvento. E voi che mi leggete e che avete camminato, perché mai avete intrapreso il vostro primo cammino? Mi sbaglio forse a dire che camminare è una cura? Mi sbaglio forse a pensare che stiamo solo cercando, ho abbiamo cercato tutti una nuova motivazione per affrontare ciò che rimane della nostra vita? Forse il primo passo è verso un cambiamento di noi stessi, perché dopo il primo cammino se ne vuole un altro, poi un altro ancora e via così. Ormai con questa “scusa” appena ho un periodo medio-lungo di libertà dal lavoro, mi metto in cammino in cerca di un avventura e, così facendo, sono arrivato assai più lontano di quanto avrei mai immaginato, chissà che riesca arrivare anche all’estremo sud del nostro paese.
Con quest’idea che mi gira nella testa mi metto nel letto quando ormai tutti dormono già da un pezzo. Accarezzo la mia compagna e mi chiedo come potrebbe essere un mese lontano da lei, ora che è diventata un punto fermo delle mie giornate. La voglia di continuare è tanta, ma lo è anche la paura. Forse la notte porterà consiglio.
Via Francigena del sud o no?
D.