Oggi il nostro nucleo iniziale è tornato a camminare da solo.
Mi spiego meglio. Alberto, compagno di viaggio incontrato a Santa Cristina, ha deciso di rimanere a Siena un giorno con Giulia, finendo qui la sua Via Francigena. Nonostante oggi potesse dormire più degli altri giorni, ha deciso comunque di fare quella che da qualunque vacanziero è considerata una levataccia, alle 5.30, per accompagnarci per il primo tratto della vacanza di oggi. Così, poco dopo le 6.00, eccoci in cammino. Noi tre con lo zaino, mentre lui e Giulia senza. L’uscita da Siena è molto particolare, da una colonna con la lupa e Romolo e Remo, seguiamo via Roma fino a Porta Romana. Poi una brusca virata a sinistra giù per le scale per prendere la strada che porta verso La Certosa. E’ qui che abbracciamo Alberto, lo ringraziamo e gli auguriamo un buon cammino per la vita. La sua compagnia è stata fondamentale negli equilibri che si sono formati lungo la Via, spesso ci siamo confrontati, di giorno sulle strade da prendere, sui sentieri da scegliere, la sera perdendoci in discussioni solo tra me e lui, rasentando la discordia per le notevoli diverse vedute dettate dalle differenti esperienze personali avute nella vita, ma comunque un buon compagno di viaggio. Mai giù di corda. Mai un peso, senza dubbio una risorsa, fisica e morale, soprattutto per Laura. Con la grande capacità di saperci fare con tutti, soprattutto nelle situazioni più snervanti, anche quando qualcuno (io in particolare) non ce l’avrebbe mai fatta. Stretto abbraccio sincero, tra compagni di cammino, compagni che hanno condiviso molto, compagni di passi lungo un tratto comune della nostra esistenza e poi via. Sicuramente ci rivedremo, abitando ad un paese di distanza. Grazie amico mio, grazie delle serate passate a parlare fino a tardi, delle birre improvvise e delle mazzate che ti riportano con i piedi a terra. Da qui in poi torniamo ad essere noi tre. Io, La mia compagna e la sua amica. Gli stessi che eravamo all’inizio, di sicuro un po’ cambiati, cresciuti e un po’ più abbronzati. Guardiamo per intero la città di Siena alle nostre spalle e personalmente ripercorro con la mente la strada e i volti che ci hanno portato fin qui. E’ già un mese che camminiamo, ma non siamo stanchi. L’obbiettivo non è più troppo lontano, ammesso che l’obbiettivo sia quello di arrivare a Roma, quanto invece il viaggio stesso che ci sta dando molto. Esattamente come due anni fa sento che Siena è un punto di svolta nel cammino di chi viaggia verso Roma. “Da qui in poi le cose cambiano sempre” dico alle ragazze senza dare troppe spiegazioni. Siamo arrivati quasi alla fine di Agosto, pochi si metteranno in cammino ora, pochi faranno quella settimana o tre giorni per provare. Chi parte da qui parte per arrivare e, visto il periodo, di italiani ce ne saranno pochi, almeno fino a Bolsena. Infatti ieri sera da Suor Ginetta eravamo cinque italiani e cinque stranieri. Quando arriviamo a Isola d’Arbia ci fermiamo per la solita seconda colazione e ritroviamo Roel, signore olandese di 63 anni che sta completando il suo personale viaggio iniziato a Bruxelles negli anni precedenti;; una coppia francese dell’età dei miei genitori; Erik, ragazzo francese sulla quarantina, molto devoto e credente e Nelli, ragazza tedesca di 31 anni in cammino da sola, penso proprio che, a meno di tempi a disposizione differenti, con qualcuno di loro arriveremo a Roma. Quando ripartiamo Roel si aggiunge a noi e inizia a raccontarci la sua storia, è un uomo alto, con i capelli grigi e gli occhiali, potrebbe essere nostro padre, ma nonostante tutte le differenze che ci possano essere, si crea subito un certa affinità che permette a tutti di aprirsi un po’. Ha un passo tranquillo e lo sguardo disteso e solare di chi ha visto il mondo. Ci racconta di aver camminato un po’ ovunque, di avere una moglie con la passione per la pittura e una figlia che lavora in California. Si fida subito di me, tanto che mi offro di aiutarlo a prenotare gli ostelli per i prossimi giorni. Purtroppo dai suoi piani capisco che sarà una compagnia breve, nel senso che già domani allungherà fino a Gallina, un piccolo paese dopo San Quirico d’Orcia, perché purtroppo deve rientrare prima di noi. Intanto come al solito il sole inizia a scottare davvero, sulle colline che seguono il corso del torrente Arbia non c’è nemmeno un filo di ombra, me lo sono ricordato dall’anno scorso, così abbiamo fatto una piccola spesa a base di ortaggi e frutta. Giunti nei pressi di Località il Greppo sostiamo all’ombra di una cascina, dove la proprietaria ci dona dell’acqua fresca, mentre ci rifocilliamo e ci riposiamo un attimo. Quando ci mettiamo di nuovo in marcia il sole sembra on dar tregua un secondo e, come una schiera di soldati, spara i suoi colpi alle spalle, facendoci sudare sette camicie per fare gli ultimi pochi passi. Arriviamo a Ponte d’Arbia soddisfatti di aver resistito e di avercela fatta anche oggi. Dopo un panino e una birra al bar, dove ritroviamo Daniela la ragazza tedesca conosciuta ad Altopascio, ci dirigiamo verso il centro Cresti che ci ospita per questa sera. Questo posto tra i pellegrini e molto conosciuto in quanto il primo che arriva trova la chiave sotto lo zerbino. Esatto, sembra strano, ma è proprio così. La chiave sotto lo zerbino. Trovo che sia un grande segno di fiducia e caratteristico di questa accoglienza, che non è principesca, ma alla quale non manca nulla di ciò che chiede un pellegrino in viaggio da molti giorni. Letti a volontà, una cucina e un grande giardino esterno dove potersi rilassare e condividere le proprie esperienze con altri pellegrini. Qui conosciamo Saverio, marchigiano e pellegrino salmone, come dice lui, perché viaggia contro-corrente, va cioè da Roma verso il nord. Trentanove anni, un’abbronzatura scura e la sincerità di guardare sempre dritto negli occhi chi conversa con lui. Non si nasconde quando parliamo di lavoro e mi racconta la sua dura esperienza come operatore ecologico, mansione nella quale vorrei cimentarmi al mio ritorno. Suggerisce di fare altro o di almeno non prenderlo in considerazione come lavoro definitivo in quanto molto logorante dal punto di vista fisico e dei nervi. A cena praticamente è come se fossimo seduti solo io e lui. Mentre agito la mia gamba come un martello, sento che certi incontri non capitano mai per caso. Mi chiedo solo chi sia a mandare sulla mia strada proprio le persone di cui ho bisogno, ogni volta. Come delle frecce lungo il sentiero, mi indicano quale sia la via da seguire, mi mettono in guardia sugli errori che potrò fare, dandomi però anche la scelta di farli e poter sperimentare sulla mia pelle le cose che mi dicono. Camminare è una cosa davvero strana, che, detta così, può davvero farmi sembrare matto, ma davvero camminare è seriamente una cosa strana. L’andare e il sostare, gli incontri e gli scontri, gli affetti e le antipatie, una vita condensata in un viaggio solo. come altro potrei definire tutto quello che mi sta accadendo?
Sorpreso, un po’ spaventato per la tempestività di certi incontri.
D.