Giordania. Giorno 5 – Petra. Mai smettere di inseguire i propri sogni

Fin da quando per la prima volta ho visto in TV le immagini del famoso film di Indiana Jones e l’ultima crociata, mi sono promesso che un giorno avrei visitato quella meraviglia che tutti chiamano Petra e il suo mitico Tesoro. Al – Batra (il nome in arabo) è un sito nel quale sono stati scoperti numerosi monumenti scavati nella morbida arenaria dagli antichi Nabatei. Ha ospitato parecchie produzioni cinematografiche, forse anche per questo ha acquistato fama nel tempo, e devo ammettere che è tutta meritata. Oggi è il gran giorno della realizzazione di questo sogno che covo dentro da tanto tempo. Ma andiamo con ordine e partiamo dal principio. Ormai come ben saprete sono partito da solo per questo viaggio, ma non sono mai rimasto solo un secondo. Così con la mia piccola Famiglia di viaggiatori fatta da Giovanna, Eli, Jana e Andrew, son partito questa mattina con il bus verso Wadi Musa, il piccolo paese che è cresciuto con il tempo fuori dal sito. Insieme a noi si è aggiunta Irene, una delle due ragazze italiane che ho conosciuto appena sceso dall’aereo, la quale dopo esserci scambiati i contatti, non ha esitato a fidarsi di me e ha lasciato che mi occupassi di prenotare l’ostello anche per lei. Appuntamento alla stazione della Jett bus per le 6.10 perchè il primo (e unico) bus disponibile parte alle 6.30. Tutti puntuali facciamo la coda per i biglietti e in breve prendiamo posto. La stanchezza sui nostri volti inizia a farsi vedere, anche perchè la giornata di ieri tra Wadi Mujib e Mar Morto ha lasciato non pochi strascichi. Le tre ore di viaggio sono quasi volate, un po’ dormendo, un po’ parlando (in italiano) con Irene. Arrivati al centro visitatori fuori dal sito siamo stati accolti da un ragazzo incaricato dall’ostello il quale, dopo averci accompagnato a lasciare giù gli zaini, ci ha riportato subito all’entrata. Facciamo i biglietti per chi non è provvisto di Jordan Pass e poi iniziamo a camminare lungo il Siq, il mitico canion che porta fino in fronte al Tesoro. Oggi sono previsti 5000 visitatori quindi cerchiamo di fare tutto il più in fretta possibile, di modo da non trovare troppe persone. Mentre camminiamo in mezzo a queste rocce lavorate dal vento e dall’acqua la sensazione è quasi magica, tutte queste tonalità di ocra, intervallate da lunghe linee nere, fanno tornare, a chi ci cammina in mezzo, indietro nel tempo fino ai tempi in cui tutto questo si è formato. Piccole cavità che sembrano decorazioni e grotte invece scavate dagli antichi abitanti si alternano lungo tutto il cammino, ho già la bocca spalancata e ancora nemmeno siamo arrivati al punto tanto bramato. La camminata non è brevissima e ci fermiamo a fare parecchie foto, dopo tutto non sono l’unico che sogna questo momento da tanto. Poi, dopo una mezz’oretta, ecco che si inizia ad intravederlo, il Tesoro. Alto almeno 50 metri, scavato nella roccia, si staglia verso il cielo e accoglie i visitatori giusto dove il canion si apre in una specie di piazza. Mi viene una pelle d’oca che non riesco a descrivere, eccomi qui di fronte a ciò che ho sempre sognato, eccolo qui. Nonostante le molte persone presenti mi sembra di essere a tu per tu con questo monumento (che poi è la tomba di un re nabateo), gli cammino di fronte, avanti e indietro, senza mai togliergli gli occhi di dosso. Perdo quasi tutte le mie compagne. Ma non mi interessa, in questo momento sono concentrato a cogliere ogni minimo particolare che dalle immagini TV non ho potuto cogliere. Le enormi colonne, le figure ormai erose dagli eventi atmosferici, le porte scavate con precisone incrwdibile. Purtroppo è transennato e non si può entrare, ma sbirciando riesco a notare che gli interni sono vuoti e spogli. Prevale solo il colore rossastro della pietra che si differenzia notevolmente dall’ocra esteriore. Vengo richiamato da Irene e Giovanna, scattiamo foto su foto, non ne ho mai fatte così tante. Sono ammutolito. Non so come esprimere il mio entusiasmo che è tale da levarmi completamente la parola. Dopo una lunga sosta decidiamo di proseguire e di arrampicarci sulle scale che partono sulla sinistra e che portano sopra la parete del Siq verso un’are chiamata dei due obelischi. L’ascesa è davvero dura. Jana, Eli e Giovanna desistono. Io e Irene invece continuiamo a salire. Incontriamo una donna che ci vuole vendere dei sassi del posto, la ringraziamo e proseguiamo. Poi dei bambini che tirano un asino carico di cose per arrivare su dove dobbiamo arrivare anche noi. Dall’alto abbiamo una visuale di tutta la parte centrale del sito, del grande tempio, del teatro e delle altre tombe che si susseguono sulla parete opposta a dove siamo. Ci sediamo a recuperare un po’ di energie e restiamo in silenzio ad ammirare il panorama. Sono quasi commosso, come ho potuto aspettare così tanto per venire fino a qui? Perchè mi sono sempre lasciato ingannare da giornali e TV sulla questione medio orientale? Respiro a pieni polmoni l’energia che risiede in questo posto da millenni, ricarico le mie batterie, sento reale per forse la prima volta in vita mia la realizzazione di un sogno, la posso davvero toccare con mano. Tutto fatto con le mie mani e l’aiuto di chi ho incontrato sulla strada, nessun intervento esterno, nessun consiglio che avrebbe potuto creare aspettative, niente di niente. Tutto così com’è, venuto da sé e senza programmi. Mi sento soddisfatto, ma soddisfatto veramente. Niente a che vedere con quelle effimere sensazioni che provo a casa. Irene mi fa tornare alla realtà e mi dice “saliamo dalla parte opposta, così andiamo a vedere da sopra il Tesoro!” Detto, fatto. Così nel giro di un’ora o poco più eccoci seduti nella tenda di un beduino che ci offre del thé mentre aspettiamo il nostro turno per affacciarci dal punto da cui si ha forse la miglior visuale sul monumento. Piedi a penzoloni, poca gente sotto di noi perchè sono quasi le 17.00 passate e il sito si sta svuotando. La luce del sole inizia ad assumere i tratti tipici del tramonto, non perchè lo sia veramente, ma perchè inizia a scendere dietro qualche roccia e i giochi di ombre rendono l’atmosfera ancora più romantica. Rimango di nuovo bloccato di fronte a tutto questo, l’incatevole spettacolo della natura e del lavoro delle mani dell’uomo combinati in un unica cosa. Ringrazio in qualche modo la forza che mi ha tirato fino a qui. Sul mio viso campeggia un sorriso enorme, parlo con i beduini, provo a suonare il loro strumento, molto simile a quelli che ho visto per la prima volta ad Essauira in Marocco. Ridiamo tutti perchè più che un suono, dallo strumento escono dei lamenti. Poi ci offrono di rimanere per cena, noi ci guardiamo e…cavoli sarebbe perfetto! Ma ci sono anche le altre, così ci accordiamo per domani sera e facciamo rientro in ostello.

Oggi è stata un’altra di quelle giornate che difficilmente domenticherò. Ormai qui in Giordania è un continuo andare in crescendo. Le cose che mi stanno accadendo rispondono da sole a tutte le paure che a casa chiunque ha tentato di infordermi quando ho detto che avevo prenotato i voli per partire. In nessun momento mi sono sentito in pericolo, in nessun luogo mi sono sentito fuori posto, anzi. Sono sempre stato accettato con sorrisi e parole gentili, molti di voi diranno che anche la mia predisposizione è differente, ed in effetti lo è: qui posso essere me stesso senza venir giudicato per ciò che faccio o non faccio, posso parlare liberamente dei miei sogni senza sentirmi dire che ormai ho una certa età e devo pensare al futuro, posso vivere il qui ed ora senza dover per forza essere schiacciato dal peso di responsabilità su cose che non ho mai voluto, ma per consuetudine mi son sempre trovato a gestire, qui sono semplicemente Davide. Quel Davide che voglio essere e non quello che gli altri vogliono che io sia. Scusate lo sfogo, ma è quello che sento.

Domani ancora qui, ancora Petra, ancora sogno ad occhi aperti.

Un abbraccio stretto.

D.

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