Questa mattina abbiamo fatto colazione alle 6.00 alla trattoria Lo Scoiattolo, aperta apposta per noi pellegrini dal proprietario Oliviero, come vi ho già spiegato, uno degli ultimi templari. Si riconosce da subito la sua predisposizione alla cura e protezione di chi cammina sulla Via Francigena, esattamente come facevano quelli come lui molti anni fa (tenete presente che ieri ha chiuso alla 1.00, quando me ne sono andato dopo aver scritto della giornata di ieri). Prima di partire ha voluto salutarci tutti uno ad uno, sottolineando che questo è il suo ruolo, entrando così di diritto nel pellegrinaggio e nei ricordi di ognuno di noi. Superato lo strappo iniziale per uscire da Costamezzana, ci si è presentata la prima scelta, frecce marroni del ministero a destra (percorso più lungo), frecce della vecchia guida della Terre di Mezzo a sinistra (percorso più breve). Ovviamente abbiamo scelto di prendere la via più breve che nel giro di pochi km ci ha portato lungo un bellissimo sentiero tra i campi che scendeva dal colle dolcemente fino alla statale. Da qui abbiamo svoltato di fronte alla porcilaia, per aggirarla e risalire fino ad Arduini e poi a Medesano, prima sosta caffè della mattinata. Al bar il gruppo si è riunito, perché stiamo camminando seguendo ognuno il proprio ritmo, qualcuno da solo, altri in piccoli gruppi, ma questo è il bello di accettare la libertà degli altri. Quando siamo ripartiti la strada asfaltata ci ha portato fino a Felegara, dove l’abbiamo lasciata per immetterci sul sentiero che costeggiava il fiume Taro in secca. Dopo poco il sole ha iniziato a scottare, le mosche e le zanzare a volarci intorno e il sudore a grondare dalle sopracciglia. Due anni fa, proprio qui, mi persi a causa dell’erba alta nella quale il sentiero si perdeva, mentre quest’anno, grazie anche all’aiuto degli altri è andato tutto bene. Abbiamo raggiunto il cementificio dal quale siamo sbucati nuovamente sulla strada che si collega al ponte sul fiume ed entra a Fornovo. Ricordavo molto bene il supermercato sul piazzale alla destra del ponte, ed infatti ci siamo fermati a mangiare qualcosa e a fare la spesa per quella che sarebbe stata la nostra cena questa sera a Sivizzano. Dopo circa un’ora di attesa, l’ultima parte del gruppo composta da Angela, Livia, Sara e Claudio, è arrivata, purtroppo senza Elisa, la ragazza di Bologna, che si è dovuta fermare per via delle vesciche che le davano noia. Claudio è giunto al termine dei suoi due giorni di cammino in compagnia di Angela, era venuto con il desiderio di conoscerci e recuperare informazioni sulla parte francese della via Francigena. Nonostante la sua “freddezza”, molto comune per un uomo dell’alto trentino, è stato un piacere averlo tra noi, buon cammino Claudio, che la strada ti sorrida. Dopo aver pranzato abbiamo preso un caffè nell’unico bar aperto di Fornovo, sigaretta e quindi di nuovo in cammino per l’ultima parte del percorso di oggi che inizia a salire sulla piccola statale, poco frequentata, che porta verso il passo Cisa. Il caldo in questo momento del pomeriggio è stato forse la cosa più dura e difficile da affrontare. Ne abbiamo risentito tutti, io ho bevuto quasi due litri di acqua in circa due ore e mezza, le ragazze si sono coperte la testa con dei foulard e chi ha potuto si è bagnato la testa. Siamo arrivati alla chiesa di Santa Margherita a Sivizzano scaglionati e cotti. La signora Enrica ci ha accolto ed offerto dell’acqua fredda da frigo e prima di volere il soldi per la notte e mettere i timbri ci ha dato tutto il tempo di rilassarci e riprenderci. Il chiostro che ospita l’ostello per i pellegrini è una struttura del 1100 (ieri per errore ho scritto 1300), la camerata dei pellegrini è fatta come le vecchie cantine e, anche se fuori ci sono quasi 30°, all’interno mantiene una temperatura molto fresca. Doccia, lavanderia e poi ci siamo diretti tutti all’unico bar al centro del minuscolo paese. Verso le 18.00 Livia e Sara, le due ragazze romane di 20 anni, non erano ancora arrivate tanto che ci chiedevamo se sarebbero arrivate. Giusto il tempo di parlarne tra di noi ed eccole arrivare sudatissime e stanchissime, ci dicono di aver sbagliato strada e di essersi ritrovate quasi a Terenzo, primo paese della tappa di domani. Indichiamo loro la direzione per il chiostro e gli diciamo di rilassarsi. Quando ci attiviamo per la cena tutti si adoperano per partecipare, Alberto cucina il riso con il supporto mio e di Ilaria, Laura ha preparato l’insalata e i pomodori che avevamo scelto come seconda portata, Gli altri hanno apparecchiato. Angela è entrata nella cucina con una bottiglia in mano dicendo che questa sera il primo brindisi lo offriva lei, in quanto oggi è il suo sessantesimo giorno di cammino sulla strada da Canterbury a Roma. Sessanta giorni di cammino, complimenti veri. A tavola la sensazione è quella di essere una grande famiglia, la stanchezza del giorno ci rende tutti vulnerabili e pacifici. Ridiamo e scherziamo e non pensiamo che per alcuni di noi inizia già a vedersi la fine dell’esperienza, tra quattro giorni Roberto e Silvia rientreranno a Milano. Dopo cena la signora Enrica è scesa per compilarci le credenziale e riscuotere il dovuto rimanendo con noi un po’ e raccontandoci un po’ della sua vita, per nulla semplice. Fa molta tenerezza, è una donna di altri tempi. Vivere qui non deve essere di certo facile, ma il passaggio di molti pellegrini, dovuto un po’ al posto e un po’ a lei, le mantiene una mente giovanile e la fa sentire in viaggio senza mai spostarsi da casa. La magia di questo posto si avverte sin da quando ci si mette piede, con il fatto che i cellulari non prendono e che non ci siano molti bar o negozi, fa si che l’attenzione delle persone tra loro sia più vera che in altri posti, dove le distrazioni sono più facili. Mente tutti vanno a letto io e Alberto restiamo svegli e intraprendiamo una discussione anche con toni accesi. Credo che questi confronti mi servano a crescere, anche se alle volte mi mettono un po’ di angoscia, facendomi comunque sentire come mai avrei pensato. Non riesco a dormire dopo questa, così esco a fumare l’ultima sigaretta tra qualche lacrima. Angela se ne accorge ed esce a darmi conforto. Non so dove ti ho trovato ne perché, ma credimi mia cara avevo bisogno di una persona come te nella mia vita. Asciugato il viso e aperto finalmente un sorriso ci infiliamo nei letti, crollando inevitabilmente.
Apprezzo la schiettezza con cui mi ha parlato Alberto questa sera, alle volte ci serve qualcuno che ci riporti con i pedi per terra, anche se l’atterraggio può essere più brusco di quanto ci si poteva immaginare. La mia reazione poi è stata dettata più dalla stanchezza che da altro, ma per fortuna siamo un gruppo coeso e le cose si risolvono subito.
Stanco, ma sotto un cielo di stelle incantevoli. Nei prossimi giorni ci sarà la luna piena.
D.
Grazie David per quello che scrivi, per me “vecchio” camminante siete stati una lezione di vita.
Grazie per le bellissime parole, non mi sento di impartire lezioni a nessuno. Averti avuto accanto per qualche giorno ci ha messo sullo stesso piano, due generazioni che hanno condiviso parte di strada insieme e, fidati, è stato un onore. Spesso nella vita reale è difficile che due persone con una differenza di età così grande riescano a trovare punti in comune, ma questa è la magia del camminare, si vive tutti lungo un’unica grande strada, è che alle volte sembriamo scordarlo.