Questa mattina la sveglia era programmata per le 7.00. Avevamo chiamato ieri il signor Danilo, traghettatore dei pellegrini sul Po, per accordare un orario a cui incontrarci sulla sponda lombarda del Po e ci è stato detto di farci trovare pronti per le 8.30. Così oggi abbiamo avuto più tempo del solito per dormire, ciò nonostante alle 6.00 il mio orologio biologico mi ha svegliato. Senza fare rumore sono sceso in cucina, ho preparato un caffè e mi sono seduto sulla sedia sul piazzale anteriore dell’ostello ad osservare l’alba. In questi giorni ho preso l’abitudine di farmi meravigliare dal sole che nasce, di farmi dare forza dai primi caldi raggi di luce giornalieri. Ieri quando sono andato a letto il vento imperversava e faceva sbattere tutte le finestre, questa mattina invece il sole fa capolino dietro le nuvole dipingendo tutto di rosso e rosa, in silenzio osservo e ringrazio, fumando. Quando finalmente si sono svegliati tutti, siamo andati all’osteria del signor Renato all’inizio del paese per fare colazione. Abbiamo trovato Silvia e Roberto ad attenderci e Giovanna, una pellegrina di Curno che ha dormito a Orio Litta con loro. Già di prima mattina il signor Renato è in vena di scherzare, così tra una battuta e l’altra ci ha preparato il caffè e poi ci ha spiegato per bene la strada per arrivare al punto dove saremmo stati imbarcati. Quando all’orizzonte abbiamo visto il signor Danilo arrivare con la sua barca, mi sono emozionato molto. Non è la prima volta che attraverso il Po con lui, ma ogni volta è un’esperienza speciale che raccomando a tutti i pellegrini. La simpatia e la genuinità di Danilo sono gli altri motivi che mi spingono ad avere un grosso rispetto per le persone che popolano questi posti. Come al solito di primo impatto sembra un burberone, ma in fondo si capisce che ha un cuore d’oro. Effettua il servizio dal 1998, quando per la prima volta un prete olandese arrivò e chiese lui se fosse possibile attraversare il Po come aveva fatto Sigerico. Da quel giorno centinaia di pellegrini passano grazie a lui sulla sponda emiliana senza fare troppa fatica. Una volta dall’altra parte, ci ha mostrato la sua modesta casa sulle rive del fiume e ci ha timbrato le credenziali raccontandoci nel frattempo un po’ di storia del posto. Si capisce che anche lui fa tutto questo per passione più che per soldi, si vede che è felice di avere intorno tanti pellegrini, soprattutto giovani, trasmette una carica di energia che in poche persone ho trovato fin ora sulla Via. Spesso, come ci stiamo accorgendo in questi giorni, alcune persone, come i gestori degli ostelli, stanno iniziando a cedere alle lusinghe del denaro, infatti è sempre più possibile trovare dei letti occupati da turisti normali anziché da pellegrini in cammino. Questo fa arrabbiare e mette sconforto. Ma non mi preoccupo perché già una volta siamo stati respinti e, grazie a ciò, siamo capitati alla comunità Exodus, dove abbiamo conosciuto splendide persone. Sento dentro di me che ad ogni imprevisto “negativo” ricevo sempre una risposta positiva, alle volte migliore di ciò che mi ero programmato. Lasciato Soprarivo ci siamo diretti verso Calendasco e poi Piacenza, seguendo sempre delle strade asfaltate, poco trafficate, ma sempre asfaltate. Il sole caldo le trasforma ogni giorno in forni sui quali camminare con attenzione. Per entrare a Piacenza abbiamo dovuto attraversare il ponte sul fiume Trebbia, uno dei punti pericolosi avvisati anche sulle guide. L’entrata in città è lunga e molto stancante. Le macchine che ci sfrecciano accanto non prestano attenzione e centinaia di esercizi commerciali occupano i lati della strada, benzinai, sale slot e piccoli supermercati, non è proprio il paradiso del pellegrino, ma se si ha pazienza il centro di Piacenza è molto carino, anche se spesso i passanti ci guardano con sospetto e poca curiosità. Dopo aver fatto una piccola spesa ci siamo sistemati davanti alla basilica di Sant’Antonino per pranzare, non sembra ma con il fatto di essere partiti a camminare così tardi, ora siamo in ritardo sulla tabella di marcia rispetto agli altri giorni. Sembriamo come una classe in gita scolastica, ognuno con il suo panino, intento a rifocillarsi dopo la mattinata intensa, forse più per le emozioni che per la strada percorsa fino a qui. Dopo pranzo,caffè e poi via di corsa verso Montale, il posto dove dormiremo questa notte. Ci fermiamo a recuperare le chiavi e a pagare presso la parrocchia sita al numero 71 della via Emilia Parmense. Poi mentre ci dirigiamo all’ostello, mandiamo avanti le ragazze e io Roberto e Alberto, ci fermiamo a fare una spesa al centro commerciale. Che ridere entrare vestiti solo di indumenti tecnici e con lo zaino in un posto dove tutti indossano abiti normali, infatti tutti ci squadravano e solo alcune commesse si sono messe scherzare con noi. Abbiamo deciso di preparare un risotto alla milanese per cena, accompagnato da vino rosso e un’insalatina, così abbiamo accontentato anche le ragazze. 🙂 Giunti all’ostello ritroviamo Giovanna e conosciamo Marco, un pellegrino di Bassano che fa una settimana all’anno sulla Via Francigena. Doccia, lavatrice e poi bar per un rapido aperitivo. Verso le 19.00 ho aiutato Alberto a preparare il riso, mentre le ragazze apparecchiavano. Quando lo abbiamo servito è stato molto gratificante vedere tutti in silenzio, intenti nel gustare il riso, il silenzio che regnava sulla tavola era sintomo di grande fame oppure della bontà del nostro piccolo lavoro. Il gruppo che si è formato è davvero affiatato e mi sembra ormai da un po’ di giorni di camminare con compagni che conosco da molto. Il clima è sempre più simile a quello che ho respirato nel 2013 sul cammino di Santiago, forse anche migliore perché non è così dispersivo come lì a causa dell’enorme numero di persone. Non siamo pochi, non siamo tanti, siamo giusti. Giusti per chi cucina, giusti per camminare tutti insieme a lato della strada, giusti perché stiamo imparando i limiti di ognuno di noi e ci stiamo dando spazio per conoscerci. Passando 24 ore su 24 insieme i rapporti si approfondiscono in fretta e parlando tutti la stessa lingua, ma con accenti diversi, le discussioni diventano sempre divertenti da sostenere. Sentire Marco che parla con il suo accento veneto e Angela rispondergli in toscano stretto è davvero buffo. Mentre l’accento bergamasco di Giovanna, molto più profondo rispetto al nostro non mente sulle sue origini. Che bella l’Italia e che belli gli italiani quando non hanno motivi campanilistici per i quali litigare, siamo un popolo vario e magnifico, possibile che chi sta ai vertici cerchi sempre di accentuare più le differenze tra di noi anziché darci ragioni per sentirci un popolo unico? Cosa aspettate a mettervi in cammino e a raggiungerci? Il nostro paese merita forse molto più di altri, sicuramente per il lato umano incontrato fin ora, non ha molti eguali nel mondo.
Oggi con Ilaria ho pensato ad un progetto che però non vi svelo, vi dico solo che il mio viaggio potrebbe non terminare a Roma.
Stanco vero, ma sempre più felice. Ma felice per davvero!
D.