Via Francigena. Giorno 10 – da Mortara a Garlasco

Oggi è stata una giornata di incontri, emozioni inaspettate e sentimenti contrastanti. La Via Francigena si sta rivelando essere una strada che scava a fondo nel mio cuore, più che un percorso attraverso il nostro paese. 20160807_065443Svegliati di soprassalto dalla signora Franca, tutti e quattro ci siamo stupiti di aver dormito una notte filata ed è, forse, la prima volta che apriamo gli occhi tutti allo stesso momento. Consumata la colazione siamo partiti in tutta fretta, anche perché oggi Rosanna avrebbe camminato con noi, infatti prima che fossimo pronti era già fuori ad aspettarci.20160807_070800 Rosanna è una signora della lomellina che, avendo seguito il viaggio di Angela tramite il social, ha voluto passare una giornata in sua (e quindi nostra) compagnia. E’ un’esperta camminatrice dell’età di mia madre, ha un’aria gentile e riesce a mettere a proprio agio davvero chiunque. Ha camminato buona parte della mattina con me, poi con Ilaria, tenendo sempre il passo e raccontandoci aneddoti interessanti su questo tratto. Ci ha gentilmente guidato con sicurezza fino all’ostello dove avremmo dormito e insieme a noi si è stupita per i gesti meravigliosi di cui siamo stati testimoni anche oggi. Appena partiti abbiamo capito che sarebbe stata una giornata diversa dalle altre quando abbiamo incontrato il signor Mario, sul sentiero che va dall’abbazia di Sant’Albino fino a Remondò. Laura ha tenuto con lui una lunga conversazione dalla quale stava per uscire con gli occhi lucidi: la pace che Mario è riuscito ad infonderle è forse una cosa di cui aveva bisogno da tempo. Giunti ad un ponte sul canale, guardando la corrente, Mario ci ha chiesto quale delle due direzioni avremmo scelto. 20160807_115452Gli ho indicato la parte del canale che volge alla sorgente e con un sorriso lui mi ha confermato essere quella che avrebbe scelto anche lui “la nostalgia vera non è custodita nel passato, ma è insita nel futuro che ognuno di noi deve affrontare”. Sbigottiti lo fissavamo tutti in silenzio. “Il passato, è solo grazie al passato che possiamo capire in che direzione andremo verso il futuro”. Detto questo ci ha salutato e la sua presenza tra noi è stata come un’apparizione. Mentre proseguivamo ognuno di noi ha fatto rigirare nella testa queste parole, ne sono certo. Dopo una pausa caffè ecco che arriviamo a Tromello. Qui troviamo il signor Carlo, un uomo anziano che si prende cura di tutti i pellegrini, andando a recuperarli direttamente sulla Via con la sua mitica bicicletta tricolore.  Li accompagna tutti ad un bar che gestisce e apre solamente per i pellegrini. Rosanna ci spiega che ormai è una specie di leggenda e che tutti sono a conoscenza di ciò che fa per chi cammina. Non vende nulla e non vuole donazioni. Offre qualcosa da bere, rilascia il timbro sulla credenziale e una piccola spilla, il tutto condito da strizzate di occhi e piccole battute. Gli scattiamo qualche foto ricordo e poi ci riemettiamo in marcia. 20160807_094716 La giornata inizia a farsi calda, ma noi siamo già quasi arrivati, infatti tra una chiacchiera e l’altra arriviamo al santuario della Madonna della Bozzola. Qui troviamo una comitiva di 20 persone che viaggia in gruppo e che arriverà fino a Roma. Abbiamo già avuto a che fare indirettamente con loro ieri, quando ci hanno negato ospitalità per questa sera, in quanto era già tutto prenotato. Sono persone semplici, alla loro prima esperienza di cammino così lunga. Ci scambiamo qualche consiglio, li salutiamo e poi ripartiamo. Nel giro di mezz’ora arriviamo alla comunità di recupero Exodus, dove mettono a disposizione un appartamento per i pellegrini ad offerta e conosciamo le ragazze che fanno da responsabili. Ci fanno fare un piccolo giro della cascina, dell’orto e del recinto degli animali, che i ragazzi seguono mentre sono qui per disintossicarsi. Riposiamo quasi tutto il pomeriggio, anche perché alla sera non dobbiamo preoccuparci nemmeno della cena, in quanto ci serviranno anche quella. 20160807_135717 Arrivate le 19.30, come da istruzioni, ci presentiamo sotto il bel portico dove i ragazzi hanno preparato una tavola imbandita. Iniziamo a fare la loro conoscenza. Molti di loro sono giovanissimi, appena mi siedo su uno dei muretti, con molto piacere, mi ritrovo un piccolo gruppo intorno, con i quali ci confrontiamo i tatuaggi e ridiamo pensando al dolore che abbiamo subito per farceli. Ci accomodiamo per cena e in totale al tavolo siamo in 32, oggi poi è un giorno particolare, in quanto uno di loro compie 19 anni. Li vediamo arrivare con i pentoloni carichi, sbrigare il servizio ai tavoli, sempre mostrando verso di noi rispetto e cortesia. Dopo la cena arriva il momento della torta e del regalo. La situazione si scalda e la compattezza del gruppo viene fuori, i ragazzi cantano al festeggiato “uno di noi, sei sempre uno di noi, uno di noi” e lo riempiono di pacche sulla schiena e spintoni, tra risate e schiamazzi. Poi ecco che spuntano due casse, un microfono ed un pc e parte il karaoke. Tutti ridono contenti, c’è chi gioca a carte, chi canta, chi mangia altra torta, non sembra nemmeno di essere in una comunità di recupero. Il clima che si respira è più quello di una grande famiglia, infatti me lo confermano “mangiamo insieme, dormiamo insieme, lavoriamo insieme, insomma…viviamo insieme, siamo come tanti fratelli”. Questa è una cosa che mi colpisce molto. Poi durante l’arco della serata mi apparto a parlare con uno dei ragazzi più grandi che decide di raccontarmi un po’ la sua storia. Rimango ad ascoltarlo impietrito, non perché sia scandalizzato da cosa mi racconta, ma perché non capisco dove poi trovi la forza di affrontare un percorso come questo, fatto di sigarette contate, niente telefono e poche visite dei parenti. Mi racconta che viene da Milano e che fin da quando è giovanissimo ha dovuto affrontare situazioni più o meno pesanti che poi l’hanno portato fin qui, fino al punto di dire “basta, ora devo cambiare”. Ho quasi il magone per come mi racconta le cose, rivedo in lui alcune delle persone che sono passate nella mia vita e mi riporta al passato. Lo stringo prima di andare a dormire, gli dico che è davvero forte, che se ormai è arrivato fin qui deve per forza riuscire a tornare sulla retta via, e, che un cammino come questo, quando avrà finito, potrebbe essere un buon modo per sentirsi libero e gustarsi un po’ il paese. Vedo in loro delle stelle cadenti che nessuno è stato in grado di vedere, trovo che abbiano uno spirito molto sensibile e forse è proprio per questo che ci sono caduti o ricaduti. La droga è uno schermo invisibile dove ognuno di loro ha nascosto parte della purezza che contraddistingue i giovani della loro età, la più debole, la più attaccabile, macchiando la loro innocenza, togliendo loro la prima possibilità. Alcuni, in principio, sono stati abbandonati dalle famiglie, incapaci di sentire il grido di aiuto che usciva dalle loro labbra gonfie di rabbia, altri hanno avuto problemi con la giustizia, che ha portato a galla la loro dipendenza, altri ancora sono arrivati qui volontariamente, consapevoli di voler cambiare: sono tutti qui per dare un buon sapore alla loro vita, come dice uno di loro. Alle 23.00 tutti a letto, la colazione sarà servita alle 6.00 ci dicono. Salgo le scale per tornare in stanza e mi scendono delle lacrime, credo fermamente che meritino una seconda possibilità e che la vita, forse, sia stata troppo dura per alcuni di loro, non li sto assolvendo per le loro colpe, ma li ammiro per la capacità e la determinazione che ci stanno mettendo per risollevarsi. Non dimenticherò in fretta i loro sorrisi sinceri e quello spirito di gruppo che alle volte non si vede nemmeno tra i migliori amici. Forza ragazzi, faccio il tifo per voi.

Ho liberamente occultato i loro nomi, perché quello che voglio far arrivare è che, nonostante la disperazione che molti di loro hanno vissuto, in questo posto hanno ritrovato speranza e obbiettivi. Anche i ragazzi come loro sono il nostro futuro, un futuro che se preso con i giusti modi, ha davvero un buon sapore.

Ringrazio profondamente per le possibilità che la Via mi offre di confrontarmi ogni giorno con persone e situazioni nuove, spero di aver lasciato anche io dentro di loro un piccolo segno. Chissà che un giorno ritrovi uno di loro proprio accanto a me in cammino.

Ora chiudo, perché tra tre ore ci si alza.

Con affetto.

D.

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