Sono già le dieci e sto camminando per i souk i cerca di qualcosa da comprare tra spezie, olio di argan per le donne di casa e qualche incenso per me che ne vado matto. Tutte cose relativamente poco costose rispetto ai molti pezzi d’artigianato che si possono portare a casa tra tappeti, tavolini, abiti, scarpe e altri oggetti di pelle lavorati finemente. I colori e la vita che si respirano in questi vicoli ti fanno sentire al centro del mondo. Penso basti rimanere fermi dietro ad una vetrina di un negozio per un giorno, per veder passare davanti il mondo intero. Queste vie sono affollate di gente di ogni nazionalità, estrazione sociale e hanno visto passare nella storia chissà quante moltitudini di persone e cambiamenti. Mi fermo come al solito per una spremuta in centro alla piazza Jeema el Fna, ormai mio punto di riferimento per il cibo e il relax, potrei dire il mio salotto personale della città. Sono già riuscito a crearmi piccoli punti di riferimento così mi sento sempre più a mio agio. Saluto il venditore di datteri, il venditore di croccanti è quasi mio amico, quando mi vedono passare in molti sorridono e non insistono più nel vendermi cose – anche perché questa mattina Aziz mi ha spiegato le parole magiche “ Lah, koia. Chokran” , “No, amico. Grazie”. Il piano della giornata prevede la visita ai Jardin Majorelle, famosi per essere stati i giardini di Yves Saint Laurent, e capire come e dove prendere il biglietto per andare ad Essaouira domani. Mi viene un lampo di genio e decido di prendere un taxi, chiedere all’autista di portarmi a fare un giro della città, mentre gli chiederò per Il bus per Essaouira. Mi avvicino ad un ragazzo, il più giovane della fila, e gli propongo il mio piano del giro per la città, contrattiamo sul prezzo, tenete conto che si parla di un’oscillazione di massimo 5 euro. Alla fine per 10 euro pattuiamo giro per la città con sosta ai Jardin Majorelle. Mentre guida verso la Palmerie, la zona più a nord della città, gli faccio qualche domanda sul suo lavoro e sulla sua vita. Le sue risposte sono sincere come quelle del ragazzo a cena dell’altra sera. Lavora per mantenere la sua famiglia, i suoi due figli vanno a scuola e vorrebbe facessero una vita migliore della sua. Gli dico che vivere a Marrakech è bellissimo, lui si dovrebbe sentire orgoglioso già solo per questo motivo. Risponde che non è semplice, che i problemi da affrontare sono molti e non solo di tipo economico, avverte che è in atto un cambiamento culturale anche nei loro paesi, dove la tradizione è sempre stata forte e ha sempre vinto ogni forma di rinnovamento, ma che questa volta è differente. Durante il suo discorso fuori dal finestrino mi appare la stessa città che avevo visto sulla strada per andare alla Menara. Palazzi moderni e negozi tipici delle città europee si alternano a edifici costruiti in architettura araba, Più usciamo dalla città, più le case si abbassano fino a quando arriviamo ai grossi complessi alberghieri di lusso. Campi da golf e resort cinque stelle la fanno da padrone in questa parte della città, prima della Palmeraie. La strada che circonda questo ormai boschetto di palme è lunga 22km e in ogni spiazzo vengono offerte gite a cammello, sarebbe stato bello essere qui al tramonto, ma anche ora non è per nulla male, è il perfetto scenario cinematografico del deserto che ci hanno offerto. Finite la palme, riprende la città ed in poco si ritorna ad avere un orizzonte fatto di palazzi e centri commerciali. Finiamo la nostra corsa ai Jardin Majorelle, ma appena scendo dal taxi mi accorgo della massa spaventosa che affolla l’ingresso, immagino come sarà dentro. Desisto poco dopo, sarà per la prossima volta penso fra me e me. Durante il viaggio in taxi sono riuscito a sapere che il bus per Essaouira parte dalla stazione dei treni e sul posto posso acqui stare il biglietto. Mi incammino così per le vie trafficate e, se non fosse per certe decorazioni sui palazzi e le macchine vecchie e malandate, potrei dire di essere in una grossa città francese del sud. La stazione si erge in un piazzale moderno e caratteristico. Al suo interno però, un Mc Donald quasi vuoto e altri fast food occidentali incupiscono le stanze. 100 metri sul retro c’è lo spiazzo dei bus. Prendo un biglietto per 70 dirham da, domani mattina alle 06.00 il primo bus, poi uno ogni due ore. Compro due sigarette sfuse, visto che le ho finite e controllo la mappa. E’ possibile tornare a piedi verso la piazza, ma non sarà rapido. D’altronde però non mi va nemmeno di prendere un taxi. Venti minuti dopo che cammino trovo il mercato coperto e mi ci infilo diretto. Fiorai, macellerie, negozi di pentole, di scarpe e persino una rivendita di alcolici, ma soprattutto, sono l’unico straniero in tutto il mercato e la gente mi guarda incuriosita. Opto per prendere una bottiglia di vino, capiterà l’occasione buona di berla, magari ad Essaouira. La infilo nello zaino e mi rimetto in marcia. Un panino e un paio di spremute dopo arrivo in piazza. Avendo ancora tempo prima del calare del sole, ripercorro la strada verso Place des Ferblantiers e chiedo indicazioni per la kasbah e la mellah, il quartiere ebraico. Percorro le strade piene di negozi e artigiani, le persone mi guardano incuriosite, sarà la barba, saranno i capelli non so, ma ne sono quasi divertito. Attratto da canto della moschea della kasbah arrivo all’ingresso delle “tombeaux dees saadiens”. Qui 112 tombe risalenti al 1590 e rinchiuse per quasi 400 anni si distribuiscono su un’area all’aperto in tre mausolei. Le pareti delle sale sono ronate da sure del Corano, ricchi mosaici e volute di stucco. Nei mausolei risiedono i quattro sultani della dinastia saadita e altri componenti della famiglia. La sala delle dodici colonne, molto famosa in tutto paese, mostra tutto lo splendore dello stile moresco soprattutto nel sarcofago in marmo del sultano Moulay Ahmed el Mansour. Un muratore sta sistemando alcuni mosaici, al che ammiro il suo lavoro e penso quanto possa essere comune in una società del genere, mentre da noi questi mestieri stanno scomparendo o diventando l’arte di pochi ristrutturatori. Scatto qualche foto e mi allontano. Anche qui regna una pace incredibile, nonostante dall’altra parte del muro ci sia la kasbah in continuo fermento. Torno al mio salotto, la terrazza del bar che dà su piazza Jeema el Fna, a scrivere di questi fantastici giorni e a cercare qualche informazione in più su Essaouira. Per la cena prevedo già di seguire lo stesso rituale delle altre serate, mentre la piazza si anima di luci e colori. Sono stati tre giorni carichi, intensi, ma molto piacevoli. Marrakech, quando pronunci il nome della città senti già il profumo del cumino dei suoi tajine e l’odore del fumo delle bancarelle serali, senti il vociare di persone che ti travolgono nei souk, senti le vibrazioni dei tamburi e dei balli dei vari artisti, Marrakech e vedi l’ocra e il rosso delle facciate delle case della sua antica medina.